La compagnia petrolifera norvegese Satoil inizierà da oggi la procedura per la chiusura degli impianti estrattivi di petrolio presenti sulla piattaforma continentale nel Mare del Nord. La decisione della società, che è controllata interamente dallo Stato, è venuta dopo il rifiuto da parte dei lavoratori di interrompere uno sciopero in corso ormai da due settimane. La protesta ha avuto origine nella richiesta di prepensionamento a 62 anni, respinta dall’azienda. Con la chiusura degli impianti la Norvegia, che è il quinto esportatore di petrolio al mondo, perderà 240 milioni di euro al giorno. Lo sciopero ed il blocco della produzione arrivano in un momento di particolari tensioni sui mercati del petrolio.

Nel 2011 il consumo globale è aumentato dello 0,7% raggiungendo il massimo storico di 88,03 milioni di barili al giorno, i dati, pubblicati in una ricerca condotta dal Vital Signs on-line del Worldwatch Institute, rilevano come l’incremento sia stato piu’ lento rispetto al 2010, quando i consumi sono cresciuti del 3,3%, dopo il calo dell’1,3% del 2009. In testa per l’aumento dei consumi sono Cina, che con un +5,5% nel 2011 rappresenta l’85% di crescita globale netta nel consumo del petrolio mondiale e i Paesi della ex Unione Sovietica, dove l’aumento è stato del 5,7%. Aumenti che sono stati però assorbiti dalla diminuzione dei consumi negli Stati Uniti ed in Europa dove sono rispettivamente scesi del 1,8 e del 2,8%.

Il divario nei consumi petroliferi tra i Paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo e gli altri Paesi nel 2011 si sono ridotti, con i due gruppi che rispettivamente rappresentano il 51,5% ed il 48,5% del consumo totale. Il petrolio si è confermato anche lo scorso anno come fonte energetica primaria ma il suo consumo è sceso per il dodicesimo anno consecutivo. Per soddisfare la crescita della domanda i Paesi dell’OPEC hanno aumentato la produzione del 3%, mentre è leggermente diminuita quella dei Paesi non OPEC. In crescita, più sostenuta, la produzione di carbone (+6,1%) e gas naturale (+3,1%).

I disordini politici in Medio Oriente ed in Nord Africa hanno avuto un effetto significativo sulla produzione di petrolio in alcuni Paesi della Regione. In Libia l’estrazione di petrolio è calata del 71% passando dagli 1,7 milioni di barili al giorno a 479 mila barili, mentre in Iran, Siria e Yemen la produzione è calata rispettivamente dello 0,6%, del 13,7% e del 24%. L’estrazione di petrolio da acque profonde, nonostante il disastro della Horizon del 2010, è destinata ad aumentare e si prevede che nel 2016 arriverà al 9% del fabbisogno mondiale dall’attuale 6%. Gli Stati Uniti importano petrolio per il 60% del loro fabbisogno (ma la percentuale è destinata ridursi grazie all’incentivazione dell’estrazione di shale-gas che dovrebbe garantire al Paese l’autosufficienza energetica nel giro di pochi anni) mentre l’Europa importa petrolio pari all’90% del proprio fabbisogno. Massimi esportatori sono il Medio Oriente, che copre il 36% del fabbisogno mondiale, la Russia con il 15,9% e l’Asia con l’11,4%