Il giacimento Goliat è il primo nel Mare di Barents, Eni ne detiene il 65%, la norvegese Statoil il 35%, la produzione avverrà attraverso un sistema sottomarino composto da 22 pozzi.

Da oggi il giacimento petrolifero in produzione più a Nord del mondo è dell’Eni. Si trova al largo della città norvegese di Hammerfest, i cui abitanti vanno orgogliosi di essere i più lontani dall’Equatore. Goliat — questo il nome del sito di cui l’Eni detiene il 65% e la norvegese Statoil il 35% — è il primo giacimento ad entrare in produzione nel Mare di Barents, seppur in una zona priva di ghiacci.

È stato sviluppato attraverso la più grande e sofisticata unità galleggiante di produzione e stoccaggio al mondo, costruita con le più avanzate tecnologie per affrontare le difficoltà tecnico-ambientali legate all’operatività nell’area artica.

Si tratta di un colosso da 64mila tonnellate che, però, arriva con almeno due anni di ritardo sulla tabella di marcia — dopo una serie di rinvii, legati anche a problemi autorizzativi in Norvegia, paese in cui Eni è presente dal 1965 — e con un costo vicino ai 6 miliardi di dollari che ha superato le prime stime formulate dal gruppo, intorno ai 4 miliardi di dollari.

Produzione da 100 mila barili al giorno

La produzione giornaliera del giacimento — che secondo le stime contiene riserve pari a circa 180 milioni di barili di petrolio estraibili in 15 anni con 8 miliardi di metri cubi di gas — raggiungerà i 100 mila barili al giorno (65 mila barili in quota Eni).

La produzione avviene attraverso un sistema sottomarino composto da 22 pozzi, di cui 12 sono di produzione, 7 per l’iniezione dell’acqua nel giacimento e 3 per quella del gas.

Goliat riceve energia elettrica da terra per mezzo di cavi sottomarini, il che permette di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 50% rispetto ad altre soluzioni. Ciò nonostante, il progetto è nel mirino di Greenpeace che lo ha definito «un inutile monumento, economicamente insostenibile». Questo perché, secondo alcuni analisti, il giacimento di Barents diventerebbe conveniente solo con un prezzo di mercato del petrolio intorno agli 80 dollari, contro gli attuali 40.

Per l’Eni, invece, il punto di pareggio di Goliat si aggira poco sotto i 50 dollari al barile, quindi ampiamente nel range di mercato. (Tratto da un articolo di Michelangelo Borrillo)